In Namibia la formula giusta per un turismo positivo

In Namibia la formula giusta per un turismo positivo

Fra le nazioni più giovani al mondo e meno densamente popolate, la Namibia oggi rappresenta un modello di turismo ecosostenibile per mezzo della creazione delle Conservancies. Ecco i motivi di questo successo.

di Alessandra Laricchia

Al contrario di quanto avviene nella maggior parte dei paesi africani, in Namibia si registrano incrementi della popolazione faunistica e un aumento delle aree oggetto di tutela ambientale. La pietra fondante di tutto è nell'articolo 95 della costituzione, che impegna lo Stato ad intervenire nel mantenimento degli ecosistemi e a tutelare la diversità biologica. La Namibia, infatti, è uno dei pochi paesi al mondo a prevedere specifiche norme di conservazione e protezione delle risorse naturali.

Ma il vero segreto di questo successo è il concetto di "Collettività per la Conservazione", ovvero la devoluzione alle comunità locali del diritto di gestire il patrimonio naturale e di trarne profitto. Nel 1996 il governo ha consentito alla popolazione di creare proprie Conservancies su terreni comunali, consentendo alla comunità locale di lavorare con privati per creare e gestire il proprio mercato del turismo.

Proprio il turismo, difatti, è stato identificato dal governo namibiano come uno dei pilastri della crescita economica del paese, in quanto capace di contribuire direttamente alla riduzione della povertà e allo sviluppo economico delle zone rurali.

Il contributo diretto dei viaggi e del turismo al prodotto interno lordo della Namibia (PIL) nel 2013 è stato oltre 3 miliardi dollari namibiani, circa il 3 per cento del PIL, con una stima di crescita del 7,1% per il 2014. Complessivamente, circa il 27 per cento dei posti di lavoro nel paese è generato attraverso viaggi e turismo e nel 2013 il settore ha generato circa 24.000 posti di lavoro direttamente, a significare il 4,5 per cento dell'occupazione totale.

Oggi ci sono 83 Conservancies registrate nel paese, che coprono il 19 per cento del territorio e che beneficiano direttamente più di 250.000 abitanti delle zone rurali, ovvero il 12,5% della popolazione namibiana.

L'idea di Conservancy nasce per combattere il problema del bracconaggio attraverso il ripristino del controllo sulla natura da parte della popolazione locale, partendo dal presupposto che il diretto gestore delle risorse naturali deve trarne beneficio e quindi al tempo stesso rendersi responsabile della tutela. L'inversione di rotta ha permesso di sensibilizzare gli abitanti all'importanza della fauna selvatica. Elefanti e rinoceronti non sono più alla mercé dei bracconieri. Leoni e leopardi non rappresentano più una minaccia per il bestiame. La natura si è trasformata in ricchezza da preservare.

Un modello è la Wuparo Conservancy, collocata al confine del parco nazionale Nkasa Lupala nel nord est della Namibia (ex regione del Caprivi, ora Zambezi). Qui sorge il Nkasa Lupala Tented Lodge, una struttura turistica ricettiva realizzata dalla famiglia Micheletti in accordo con la comunità locale. Gli imprenditori italiani hanno stipulato un accordo contrattuale con la collettività degli abitanti della zona, cui versano un affitto mensile per l’occupazione e l’utilizzo dell’area ed una percentuale sul fatturato annuale, del quale ogni membro - 2.500 in totale - in maniera diretta o indiretta è responsabile.

I risultati sono: impatto positivo sull’occupazione con il 95% dei dipendenti locali, che ricoprono anche posizioni dirigenziali grazie a programmi formativi; tutela attiva del territorio con incremento della presenza di predatori, elefanti, erbivori e uccelli; realizzazione con parte dei profitti dell'asilo di Sangwali e altre opere a favore della comunità; sostegno all’artigianato e all’agricoltura locali (la maggior parte dei prodotti utilizzati nel lodge sono a chilometro zero); accrescimento della conoscenza e dello studio dell’ambiente; accrescimento delle capacità economiche e culturali delle donne.

Una formula apparentemente semplice, che in realtà richiede grandi capacità di mediazione, ma che potrebbe essere la chiave per portare maggior benessere in maniera duratura e positiva in aree remote del mondo.

Alessandra Laricchia, blogger di Café Africa

FOTO ALESSANDRA
  08 Giugno 2015
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