Cooperazione: cuore e sviluppo

La nostra Provincia destina lo 0,25% del bilancio provinciale, una percentuale che è tra le più alte tra le regioni italiane e vicina alla media dei 34 paesi OSCE.  I fondi finanziano progetti di associazioni, comunità, parrocchie, gruppi e raggiungono uomini e donne in difficoltà in ogni parte del mondo.

Difficile calcolare quante persone siano interessate dal flusso di denaro e iniziative che dipendono in gran parte da tali fondi. Ma certamente grandissimo è il numero delle persone che agiscono nei nostri paesi, in nome e per conto di circa 200 associazioni, per organizzare e sostenere progetti, per i quali occorre sempre raccogliere una parte di finanziamenti, mettendo in moto attività culturali, ricreative, solidali e umanitarie.

E’ un volontariato che si affianca ai mille altri che arricchiscono il Trentino nel mondo dello sport, nell’integrazione dell’assistenza pubblica e nella cura delle fasce deboli della popolazione, nella cultura e nel tempo libero. Il nostro benessere dipende molto dal volontariato solidale.

L’impegno personale attivamente sviluppato da queste persone rinsalda la coesione sociale, abbassa i conflitti e la frammentazione, aumenta la qualità della vita democratica.

Il nostro trentino è ricco di questi esempi, maturati nel corso di una lunga storia di solidarietà; nel secolo scorso ha vissuto momenti grandiosi e ci consegna oggi la necessità di proseguire su quella strada per vincere le nuove sfide che ci attendono.

Dovremmo dunque essere fieri di questo grande attivismo, eppure stanno emergendo due linee di tendenza che a mio avviso rischiano di incrinare la cooperazione e la solidarietà internazionale come l'abbiamo conosciuta in questi ultimi 15 anni:

1. da una parte sentiamo dire sempre più spesso che prima dobbiamo pensare a noi trentini, o addirittura, solo a noi trentini. Si fanno sempre più forti le voci di chi è convinto di poter chiudere le porte alla complessità del mondo, di poter tenere lo sguardo tra i nostri monti, di poter ignorare le sfide dell’interdipendenza globale che tiene tutti legati ad un destino comune,

2. dall'altra l'idea che dobbiamo concentrare le risorse destinate alla cooperazione internazionale (naturalmente in calo) essenzialmente nelle mani di chi se ne intende e cioè di università (sapere) e imprenditori (economia); emblematico il convegno organizzato nella Sala Depero il 30 settembre 2014 dove i volontari della cooperazione trentina si sono sentiti perlopiù disorientati e incapaci di cogliere il senso dell'operazione (dentro quel convegno veniva peraltro usata una terminologia incomprensibile dai nostri volontari).

Se da una parte ci stiamo dicendo da decenni che la cooperazione internazionale ha bisogno di professionalità oltrechè del cuore, è altrettanto vero che non possiamo immaginare di rinunciare alle migliaia di volontari che con il cuore e la mente si occupano di processi di cooperazione e solidarietà a cui facevo riferimento. Se è quasi scontato che il volontariato internazionale potrà contare su risorse pubbliche in calo è bene chiederci se la concentrazione delle risorse in poche mani altamente formate è la risposta complessivamente più efficace.

Ho l’impressione e il timore che le nuove strategie di cooperazione allo sviluppo dell’Unione Europea (che sono emerse anche nel convegno del 30 settembre) siano unicamente improntate alla necessità di coinvolgere le nostre aziende nella Cooperazione internazionale allo scopo di offrire loro nuovi sbocchi di mercato. Leggendo qua e la emerge l’intenzione della commissione europea di raggiungere un duplice obiettivo:

1. creare un ambiente favorevole all’azione delle imprese locali in modo da generare opportunità di lavoro e inclusione nel tessuto economico e sociale dei paesi impoveriti,

2. rafforzare la presenza e il coinvolgimento delle imprese internazionali nei paesi in via di sviluppo. Emerge un ruolo decisivo del privato nell’agenda dello sviluppo.

E’ davvero questa la strada maestra ?

Personalmente penso che lo sforzo della Cooperazione trentina debba improntarsi al duplice obiettivo di salvaguardare il cuore (il grande sentimento di compassione e di amore verso chi è in condizioni di sofferenza) e allo stesso tempo tendere al rafforzamento delle competenze degli attori della solidarietà internazionale.

Dobbiamo a mio avviso lavorare ad una soluzione ibrida che salvaguardi le importanti relazioni che abbiamo costruito in questi anni; relazioni che potrebbero rivelarsi un punto di riferimento e un valore aggiunto per le nostre università e occasioni per le aziende trentine che si trovano oggi a guardare a nuove aree geografiche e ai mercati che stanno diventando sempre più importanti sbocco di mercato.

Dentro un mondo globalizzato le relazioni di cooperazione possono rivelarsi importanti canali di scambio di know how tecnico e di positive relazioni politiche.

Occorre che la ricchezza delle relazioni internazionali accumulata attraverso decenni di micro-cooperazione sia conosciuta e valorizzata dal mondo delle imprese trentine, dando vita ad un contenitore dove la visione imprenditoriale e la visione solidale possano confrontarsi, amalgamarsi per dare vita ad un modello di cooperazione internazionale capace di affrontare le nuove sfide, dove cuore e razionalità possano trovare il giusto equilibrio per arricchirsi entrambi. Se le imprese non possono guardare unicamente alla convenienza economica è altrettanto vero che le associazioni di volontariato sono chiamate ad innovarsi per affrontare sfide sempre più impegnative.

Per raggiungere tali risultati è assolutamente necessario migliorare il dialogo tra lo sviluppatissimo tessuto associazionistico trentino e il mondo delle imprese.

Ma perché ciò avvenga è altrettanto necessario che il ruolo del pubblico non si riduca a quello di finanziatore e che diventi davvero un soggetto capace di facilitare e indurre i processi di cui sopra.

Questo modello di cooperazione internazionale riuscirà a dare risposte anche a chi ritiene che risorse della cooperazione internazionale (lo 0,25% del bilancio provinciale) debbano rimanere in Trentino per sostenere le imprese locali e le famiglie in difficoltà. Potremo dimostrare che la cooperazione e la solidarietà sono un modello d‘interazione economica circolare dove ogni soggetto coinvolto prende e concede, seppur con modalità e tempistiche non immediatamente sovrapponibili.

Riusciremo a sfatare l’idea che la cooperazione internazionale sia un mero processo attraverso il quale spostiamo beni e denaro dai paesi ricchi a quelli poveri. Nella realtà la cooperazione è sempre stata e speriamo lo diventi ancor più un processo complesso e articolato dentro il quale c’è davvero spazio per una visione del mondo più umana e solidale senza con ciò rinunciare all’efficienza e allo sviluppo economico per tutti.

  18 Luglio 2015
Centro per la Cooperazione Internazionale
Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
Osservatorio balcani e caucaso