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Il Burundi a un passo dal caos: elezioni fasulle e omicidi eccellenti

L’uccisione del braccio destro del presidente del Burundi Pierre Nkurunziza, il Generale Adolphe Nshimirimana, ex capo di Stato Maggiore dell’Esercito, è solo l’ultimo segnale allarmante proveniente da Bujumbura.

Qui la farsa elettorale era terminata con l’esito più scontato: in violazione della Costituzione, Nkurunziza è stato rieletto con oltre il 69% dei voti per un terzo mandato consecutivo.

Ex capo dei ribelli ferito gravemente durante la guerra civile, messaggero di Dio che gli avrebbe annunciato che un giorno avrebbe diretto il suo paese, eletto nel 2005 e rieletto nel 2010, Nkurunziza questa volta ha ottenuto il 69,41% dei voti secondo i dati annunciati dal presidente della Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) Pierre-Claver Ndayicariye. La partecipazione al voto è stata pari a 73.44% (dato Ceni) su un totale di 3.8 milioni di cittadini aventi diritto di voto.

La vittoria al primo turno di Nkurunziza era ampiamente prevista e l’opposizione aveva invitato a boicottare il voto. Il capo dello Stato ha vinto in 16 delle 18 province del paese – persino in quella di Bujumbura, tradizionalmente a lui ostile.

Il principale avversario, Agathon Rwasa è arrivato secondo con il 18,99% dei voti trionfando nelle province di Bujumbura Rural, sua storica roccaforte, e Rumonge. Terzo Gerard Nduwayo, il candidato di Uprona, il principale partito Tutsi, con il 2,14%.

Già nelle scorse elezioni legislative di fine giugno il partito di Nkurunziza Cndd-Fdd aveva ottenuto 77 seggi; l’opposizione ne aveva conquistati 21 seggi attraverso la coalizione “Abigenga Mizero y’Abarundi” (Speranza Burundese), guidata da Agathon Rwasa e Charles Nditije.

Il capo dello Stato avrĂ  a questo punto la maggioranza di quattro quinti necessaria per modificare la Costituzione e minare le conquiste degli Accordi di Arusha.

L’opposizione dopo le presidenziali non è più compatta: Rwasa ha deciso di andare a occupare il suo posto in Assemblea Nazionale, mentre i dieci deputati eletti e sostenitori di Nditije hanno deciso di boicottare l’Assemblea.

L’Onu ha ritenuto che il clima di intimidazione e di violenza politica non abbia permesso elezioni credibili, visto che i burundesi si sono recati alle urne con la paura. “Il crepitio di armi automatiche era udibile anche nelle strade della capitale Bujumbura”, ha dichiarato un membro della missione di osservazione elettorale delle Nazioni Unite in Burundi, l’unica organizzazione internazionale ad aver seguito in loco la votazione.

Federica Mogherini, alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, ha annunciato che l’Ue è pronta a lanciare delle consultazioni che potrebbero portare a sospendere la cooperazione con il Burundi. Il rischio che il paese precipiti in una nuova guerra civile, non di natura etnica, è alto. Il resto del mondo deve rispondere rapidamente visto che l’economia di Bujumbura per metà si regge sugli aiuti internazionali e dato anche il coinvolgimento dell’esercito burundese nelle operazioni di mantenimento della pace in Africa (Somalia e Repubblica Centrafricana).

La crisi burundese porterà nuovamente i giovani in piazza a protestare. Giovani disoccupati, soprattutto quelli dell’area rurale che chiedono risposte a una classe politica che non vuole dividere il potere e sta trascinando il Burundi in una crisi economica sempre più profonda. Questi giovani appartengono alla generazione post-Arusha e aspirano a una democrazia che non hanno mai realmente sperimentato. Dopo l’ultimo conflitto, il 65% della popolazione è costituito da giovani tra i 20 e i 24 anni. Essi sono onnipresenti, ma in gran parte ignorati dalle politiche pubbliche.

Nonostante la fuga di oltre 160 mila burundesi, le 100 vittime mietute, il fallito colpo di Stato, la stragrande maggioranza della popolazione sta cercando di non cadere di nuovo in una guerra civile. La loro resistenza ad oggi rappresenta l’unico baluardo contro i profeti della regressione etnica.

Nel frattempo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – nonostante le otto riunioni sul tema – appare sempre più spaccato. Gli Usa e l’Europa criticano aspramente il regime di Nkurunziza e la legittimità delle recenti elezioni, mentre Russia, Cina e alcuni membri africani come Angola, Ciad e Nigeria ritengono che sia un affare interno al Burundi.

Roberto Colella

Fonte: limesonline.com

  19 Agosto 2015
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