Paul e i suoi fratelli, frutto duraturo per la comunità

Paul e i suoi fratelli, frutto duraturo per la comunità

Il ragazzino finì sulla strada dopo la morte della madre insieme a due fratelli, che  cominciarono a sniffare colla. L’incontro con il Saint Martin gli ha permesso di ritrovare la propria dignità e una famiglia adottiva, ma una malattia incurabile lo ha portato via troppo presto. Ma la sua breve e sofferta esperienza ha lasciato un frutto duraturo nella comunità.

Paul era un bambino di soli sette anni quando la madre morì. Era l’ultimo dei nove figli di una donna in difficoltà, frutti di una serie di relazioni instabili che non le avevano permesso di farsi una famiglia. Alla morte della madre Paul viveva con altri due fratelli appena più grandicelli di nove e dieci anni. Gli altri sei figli della donna erano ormai lontani da casa. Le condizioni economiche erano precarie; la donna non riusciva a trovare un lavoro, né a portare a casa un pur modesto guadagno. Il tempo di seppellirla e tutti e tre finirono sulla strada. Chiesero aiuto alla nonna, ma ricevettero un diniego per colpa dei dissapori causati dalla vita disordinata della madre. Dicono che i figli non dovrebbero pagare per le colpe dei genitori, ma non fu così. I due fratelli di Paul finirono per sniffare colla, che ti annebbia la mente, ti porta alla dipendenza totale, non ragioni più; e miete vittime fra i ragazzini. Benché fosse il più piccolo, Paul prese la situazione in mano e convinse i fratelli ad accettare la proposta di uno degli operatori di strada e tutti insieme furono accolti in uno dei centri di riabilitazione del Saint Martin.

L’obiettivo, ricorda Simon Maina, coordinatore dei programmi per i ragazzi di strada, “era recuperarli dalla dipendenza, iniziare un percorso di riabilitazione, reintrodurli nella comunità e possibilmente trovare loro un famiglia adottiva”. “Noi lavoriamo più sulla comunità che sul singolo problema”, gli fa eco Benson Owino, del Dipartimento per la formazione del Saint Martin. “Si deve puntare a risolvere la causa che genera il problema, altrimenti, dopo un caso se ne ripresenterà un altro e così via. Oggi uno dei problemi maggiori in Africa è l’alcolismo e stiamo lavorando sul recupero delle persone affette da questa dipendenza”. Tutte le settimane nei vari centri del Saint Martin si tengono seminari per insegnare come poter risolvere i problemi alla radice, partendo dalle risorse presenti nelle comunità.

Dopo il periodo di recupero dei tre ragazzini, i responsabili del Saint Martin andarono nelle chiese locali per raccontare la vicenda di Paul e i suoi fratelli e cercare famiglie disponibili ad adottarli. I primi due trovarono presto una famiglia, ma non Paul. Ma la voce si sparse, e le stesse famiglie adottive cercarono di trovarne una anche per Paul. E la trovarono dopo qualche tempo, anche se distante dai suoi fratelli: una coppia lo accolse con affetto. Il giovane tornò a scuola, era il primo della classe. Nessuno aveva mai dubitato della sua intelligenza e della sua prontezza d’animo. Intanto si era pienamente integrato.

Purtroppo l’odissea non era finita per il giovane Paul. Due anni fa si ammalò, lo portarono nell’ospedale più vicino, ma nemmeno lì si riuscì a scoprire di quale male soffrisse. Padre e madre adottivi decisero di farlo trasportare in un ospedale governativo, sostenendo anche un forte esborso di denaro. Nel frattempo tutta la comunità intorno alla famiglia è stata mobilitata dagli operatori del Saint Martin per contribuire, ognuno secondo le proprie possibilità, alle spese e alle esigenze di questa situazione. Esami su esami per scoprire che il ragazzo, ormai quindicenne, era malato di cancro. Lo sottoposero alle terapie, ma le speranze di salvarlo erano praticamente nulle e poco dopo morì.

Pierino Martinelli della Fondazione Fontana Onlus – partner trentino del Saint Martin CSA – capovolge con le sue osservazioni il senso apparente di questa storia dolorosa. “La vicenda di Paul merita di essere raccontata, non come conferma degli innumerevoli racconti della 'tragedia africana', ma come esempio di come una storia apparentemente solo dolorosa possa incidere e fruttificare nella comunità che la accoglie e se ne prende cura” spiega.  E prosegue: “Al funerale è stata raccontata la storia di Paul, e altre famiglie hanno così deciso di adottare altri Paul. Questa disgrazia, condivisa e gestita in un certo modo, ha portato un grande vantaggio alla comunità dove viveva il ragazzo. L’ha arricchita di una sensibilità maggiore e diversa rispetto al passato, l’ha resa più capace di farsi carico dei problemi collettivi. L’incontro con Paul si è trasformato in un momento di crescita per tutta la comunità”.

Paul è stato un frutto positivo per la sua terra.

  11 Marzo 2015
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