Sulla fame non si specula

Sulla fame non si specula

Il cibo oggi nel mondo.

 Di quanto aumenterà il cibo nei prossimi anni?

 Secondo la Fao e l’Ocse, nel prossimo decennio 2011-2020 i prezzi dei cereali potrebbero stabilizzarsi a un 20% in più rispetto ad oggi, e quelli della carne potrebbero aumentare anche del 30%. Il cambiamento della dieta nei Paesi emergenti porterà a un aumento della domanda di carne e cereali.

Perché il cibo costerà sempre di più?

L’aumento e la volatilità dei prezzi dipendono da tre ragioni principali: la crescita dell’uso di colture alimentari per i biocarburanti; eventi meteorologici estremi e cambiamento climatico; e aumento del volume di scambi sui mercati a termine delle materie prime, ovvero la speculazione tramite i “futuresâ€, strumenti finanziari coi quali si stabilisce “oggi†a quale prezzo comprare “domani†un certo bene alimentare, come il grano o il riso.

Quali sono i Paesi dove la fame sta aumentando?

Bulgaria, Repubblica democratica del Congo, Burundi, Comore, Costa D’Avorio e Corea del Nord. La Banca Mondiale nel 2011 ha calcolato che 44 milioni di persone sono finite in povertà come conseguenza dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari.

Il prezzo del cibo è destinato a raddoppiare da qui al 2030. secondo la Fao i cereali nel prossimo decennio aumenteranno del 20% e la carne del 30.

Venticinquemila persone ogni giorno muoiono di fame o a causa di malattie legate alla fame. È il risultato estremo di una condizione quotidiana che vede circa 925 milioni di persone malnutrite. Mentre questa strage si rinnova, in tutto il mondo i prezzi dei prodotti alimentari sono soggetti a variazioni estreme. Nel biennio 2007-2008 i prezzi dei cereali e di molte derrate alimentari raddoppiarono, in qualche caso aumentarono anche di più, per poi ridiscendere bruscamente in pochi mesi.

Dal giugno 2010, i prezzi del grano e del mais hanno ricominciato ad aumentare, e sono addirittura raddoppiati nel primo semestre del 2011, superando i massimi storici. Ognuno può immaginarsi che cosa questo significhi per chi ha fame.

Perché i prezzi aumentano tanto? È diminuita la produzione in modo così rilevante da rendere rare, e dunque più preziose e care, le derrate alimentari? In realtà, a scatenare la crisi del 2008 non è stata la carenza di cibo. In quell’anno la produzione mondiale era addirittura aumentata. E anche nei primi mesi del 2011 è stata pressoché costante. Per spiegare le impennate dei prezzi occorre guardare altrove, anche ai mercati finanziari. Esistono lobby internazionali in grado di influenzare i prezzi sulla borsa merci di Chicago, dove si negoziano i contratti sui cereali, i cui valori diventano riferimento per i prezzi in tutto il mondo. Alcune operazioni finanziarie sono delle vere e proprie scommesse giocate sulle materie prime, dal cibo al petrolio, che permettono notevoli profitti. Ma chi paga questo gioco sono i tre miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno e non possono più permettersi il pane necessario. Inoltre la cifra scandalosa di 925 milioni di persone malnutrite resta invariata, in un mondo che potrebbe sfamare 11 miliardi di persone.

Indice globale della Fame

L’Indice Globale della Fame 2011 mostra che, anche se il mondo ha fatto qualche progresso nella riduzione della fame, la percentuale di persone vulnerabili rimane troppo alta. I Paesi dove la situazione è “estremamente grave†sono in Africa: Ciad, Burundi, Repubblica democratica del Congo, Eritrea. Insieme ad Haiti hanno più del 50% della popolazione malnutrita. Questo grafico, realizzato con le ultime rilevazioni effettuate, non riflette ancora le conseguenze della crisi alimentare che nel 2011 ha colpito milioni di persone nel Corno D’Africa (in particolare in Somalia) e delle impennate dei prezzi dei beni alimentari sul mercato internazionale, che hanno raggiunto nuovi record nella prima metà del 2011.

Secondo l’Istituto Internazionale di Ricerca sulle Politiche Alimentari (Ifpri), che redige l’Indice globale della fame, è importante affrontare le cause della volatilità dei prezzi alimentari rivedendo le politiche sui biocarburanti, regolando l’attività finanziaria nei mercati alimentari e adattandosi ai cambiamenti climatici e mitigandone gli effetti. È inoltre di vitale importanza costituire riserve alimentari e condividere informazioni sui mercati alimentari, migliorandone la trasparenza.

Per alleviare gli effetti del caro-cibo bisognerebbe inoltre investire nell’agricoltura sostenibile su piccola scala, migliorare le opportunità di sostentamento per la popolazione povera sia rurale che urbana, e potenziare l’offerta di servizi di base come l’istruzione, la sanità e i servizi igienico-sanitari.

Il Caso 2008

Che cosa è successo nel 2008?

I prezzi sui mercati internazionali delle tre materie prime agricole più importanti per l’alimentazione - mais, frumento e riso - nella primavera del 2008 hanno fatto segnare livelli record. E questo ha portato la Fao a denunciare pochi mesi dopo che il numero degli affamati nel mondo aveva raggiunto la cifra record di 1,020 miliardi di persone.

Quanto è durata questa situazione?

Poco. Già nell’autunno del 2008 i prezzi di tutte e tre queste materie prime erano precipitati ai livelli minimi. E contemporaneamente anche gli investimenti nei futures sul mais e sul frumento erano diminuiti altrettanto rapidamente. Un meccanismo - questo - tipico delle bolle speculative. Ciò che invece è rimasto alto è il numero degli affamati, che tuttora resta molto vicino a quota 1 miliardo.

Ma è solo la speculazione a far salire i prezzi?

No. La scintilla che fa scattare un aumento o una discesa dei prezzi è normalmente un fattore legato alla domanda o all’offerta di un determinato bene. Il problema, però, è che la speculazione finanziaria aumenta anziché ridurre queste oscillazioni, e nel caso delle materie prime agricole trasforma anche carestie o alluvioni in occasioni per guadagnare soldi. Così quelle che sarebbero normali situazioni di difficoltà finiscono per trasformarsi in catastrofi per migliaia di persone.

Quando si parla di speculazione sul cibo c’è una data che rappresenta un punto di riferimento obbligato: la primavera 2008, quando i prezzi dei tre alimenti principali di buona parte della popolazione del mondo - il mais, il frumento e il riso - schizzarono quasi contemporaneamente alle stelle.

Si gridò all’allarme per la crisi alimentare, fu convocato un vertice straordinario della Fao, si parlò di creare riserve speciali di cibo a cui attingere nelle situazioni di emergenza. Ma è stato soprattutto in quelle settimane che si è cominciato davvero a riflettere sul fenomeno della speculazione sul cibo e sulla necessità di introdurre regole nel rapporto tra finanza e agricoltura. A nessuno poteva sfuggire, infatti, un dato: proprio in quelle settimane i futures sulle materie prime agricole facevano segnare livelli record negli scambi.

Primavera 2008: la data è importante. I tempi sono troppo vicini per poterlo dimostrare con certezza, ma probabilmente non è un caso che la crisi alimentare sia avvenuta proprio mentre stava per esplodere anche la questione dei mutui subprime (guarda caso un altro tipo di prodotti finanziari derivati). Un crack che avrebbe portato al crollo della Lehman Brothers e a quella crisi finanziaria globale che abbiamo imparato a conoscere.

Chi ha pagato il conto di tutto questo? Il 2008 è stato un anno contrassegnato dalle rivolte del pane nei Paesi non autosufficienti da un punto di vista alimentare. Perché in Messico i prezzi delle tortillas - il cibo nazionale - sono diventati improvvisamente inaccessibili. Nelle Filippine i fast food hanno cominciato a servire per lo stesso prezzo porzioni più piccole. Tra l’Africa e il Medio Oriente un po’ ovunque è venuta a galla la difficoltà a reperire cibo. In quell’anno sono state una sessantina in tutto il mondo le rivolte del pane. Proprio mentre sui mercati dei futures - una volta raggiunto il picco - le quotazioni delle materie prime agricole precipitavano e gli investitori spostavano i loro soldi altrove. Pronti comunque a ritornare alla prima inversione di tendenza

Fonte e per saperne di più: Sulla fame non si specula.

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  16 Aprile 2015
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